I grandi scrittori

OMERO

Non so se i programmi scolastici attuali contemplino lo studio dell’Iliade nel secondo anno della scuola media e l’Odissea per il terzo, negli anni cinquanta era così.

Se a quel tempo queste letture mi sembrarono difficili e impegnative, oggi le ritengo un grande patrimonio e suggerirei di inserirle nuovamente con lo stesso criterio. I canti venivano volta volta assegnati come compito a casa; non proprio tutti sono stati analizzati parola per parola, ma, alcuni passi scelti si imparavano a memoria.

Cantami, o Diva, del Pelíde Achille
L’ira funesta che infiniti addusse
Lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco
Generose travolse alme d’eroi,
E di cani e d’augelli orrido pasto
Lor salme abbandonò (così di Giove

L’alto consiglio s’adempía), da quando
Primamente disgiunse aspra contesa
Il re de’ prodi Atride e il divo Achille.
E qual de’ numi inimicolli? Il figlio
Di Latona e di Giove. Irato al Sire
Destò quel Dio nel campo un feral morbo,
E la gente pería: colpa d’Atride
Che fece a Crise sacerdote oltraggio.

Canti I v 1 – 15 traduzione di Vincenzo Monti

Altro brano scelto e preferito dalla mia insegnate

Come deserta Ettór vide la stanza,
Arrestossi alla soglia, ed all’ancelle

Vôlto il parlar. Porgete il vero, ei disse;
Andromaca dov’è? Forse alle case
Di qualcheduna delle sue congiunte,
O di Palla recossi ai santi altari
A placar colle troïche matrone
La terribile Dea? – No, gli rispose
La guardïana, e poichè brami il vero,
Il vero parlerò. Nè alle cognate
Ella n’andò, nè di Minerva all’are,
Ma d’Ilio alla gran torre. Udito avendo
Dell’inimico un furïoso assalto
E de’ Teucri la rotta, la meschina
Corre verso le mura a simiglianza
Di forsennata, e la fedel nutrice
Col pargoletto in braccio l’accompagna.
   Finito non avea queste parole
La guardïana, che veloce Ettorre
Dalle soglie si spicca, e ripetendo
Il già corso sentier, fende diritto
Del grand’Ilio le piazze: ed alle Scee,
Onde al campo è l’uscita, ecco d’incontro
Andromaca venirgli, illustre germe
D’Eezïone, abitator dell’alta510
Ipoplaco selvosa, e de’ Cilíci
Dominator nell’ipoplacia Tebe.
Ei ricca di gran dote al grande Ettorre
Diede a sposa costei ch’ivi allor corse
Ad incontrarlo; e seco iva l’ancella
Tra le braccia portando il pargoletto
Unico figlio dell’eroe troiano,
Bambin leggiadro come stella. Il padre
Scamandrio lo nomava, il vulgo tutto
Astïanatte, perchè il padre ei solo
Era dell’alta Troia il difensore.

   Sorrise Ettorre nel vederlo, e tacque.

Canto IV v. 485 – 521 traduzione di Vincenzo Monti

VIRGILIO

ENEIDE studiata e letta nella traduzione di Annibale Caro, è un altro colosso della formazione dei miei tempi.

OVIDIO

Se qualcuno in questo popolo non conosce l’arte d’amore,

legga questo poema, e quando l’avrà letto,

amerà essendo bene informato.

L’ARTE DI AMARE traduzione di latino Maccari

Ma ne LE METAMORFOSI ci sono le storie che ritroviamo citate in tante opere d’arte e che sono sempre utili da citare.

CATULLO

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.

Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Odio e amo. Come posso farlo, forse mi chiedi.

Non so, ma sento che accade, ed è la mia croce

MIMNERMO

Poeta elegiaco greco del 670 avanti Cristo

E quale vita, e quale gioia senza l’aurea Afrodite?

Vorrei essere morto quando a me non più questo importi,

l’amore clandestino e i dolci doni e il giaciglio,

che di giovinezza sono i fiori fuggevoli

per uomini e per donne; quando invece dolorosa sopraggiunge

la vecchiaia, che brutto e spregevole insieme rende l’uomo

sempre nell’animo tristi lo tormentano inquietudini,

né si rallegra al vedere i raggi del sole,

ma (è) inviso ai bambini e disprezzato dalle donne;

così dolorosa il dio ha fatto la vecchiaia!