Vincent Van Gogh

Ti ho mai parlato del quadro di Boughton, ‘Il progresso del pellegrino’? Cala la sera. Un sentiero sabbioso conduce per le colline fino a un monte in cima al quale sorge la Città Santa, illuminata dal sole rosso che tramonta dietro le grigie nuvole della sera. Sul sentiero sta un pellegrino che vuole salire alla Città; ma è già stanco e chiede a una donna in nero il cui nome è ‘Triste, ma sempre esultante’:
La strada sale sempre?
Sì, fino alla fine.
Il viaggio dura l’intera giornata?
Dal mattino alla sera, amico mio.
Il sentiero serpeggia attraverso un paesaggio bellissimo – la landa bruna, disseminata qua e là da pini e betulle con chiazze di sabbia gialla, e la montagna in lontananza, contro il sole. Più che di un quadro si tratta di un’ispirazione.

Nel 1959 la casa editrice Silvana Editoriale d’arte ha pubblicato tutte le lettere del pittore Vincent van Gogh al fratello Theo.
In questo estratto della lettera scritta da Isleworth, il 26 agosto 1876 (lettera 74) il
pittore olandese parla non di un suo quadro ma di un’ opera del 1874 di George Henry Boughton, che oggi si trovare ad Amsterdam al museo Van Gogh.

Il contenuto di questa lettera Vincent van Gogh lo aveva espresso e in modo molto più ampio in un sermone la sua prima predica tenuta all’età di 23 anni in Inghilterra.

Il sermone del Salmo 119 contiene un versetto che dice:

Sono uno straniero sulla terra, non mi nascondere i Tuoi comandamenti”

il sermone invitava a meditare sulla vita come pellegrinaggio.

L’attività di predicatore impegnò per alcuni anni Vincent, seguendo le orme del padre Theodorus van Gogh, pastore della Chiesa Riformata Olandese.

Il sermone diceva:
La nostra vita è il cammino di un pellegrino. Una volta ho visto un bellissimo quadro: era un paesaggio alla sera. In distanza sul lato destro una fila di colline appariva azzurra nella leggera nebbia della sera. Su quelle colline lo splendore del tramonto, le nuvole grigie con i loro orli d’argento, d’oro e di porpora. Il paesaggio è una pianura o una landa coperte di erba e di foglie gialle perché era autunno. Attraverso il paesaggio una strada porta a un’alta montagna lontana, lontana, molto lontana, sulla cima di quella montagna è una città su cui il sole tramonta glorioso. Sulla strada cammina un pellegrino, qualcosa in mano. Ha camminato per lungo tempo ed è molto stanco. E ora incontra una donna, o una figura in nero, che fa pensare alla parola di San Paolo “Come essere colmi di pena eppure gioire sempre”. Quell’Angelo di Dio è stato messo là per incoraggiare i pellegrini e rispondere alle loro domande e il pellegrino le chiede:

La strada sale sempre?
Sì, fino alla fine.
Il viaggio dura l’intera giornata?
Dal mattino alla sera, amico mio.

E il pellegrino va avanti, colmo di pena eppure sempre gioendo – pieno di pena perché è così lontano e la strada così lunga. Pieno di speranza mentre guarda su verso la città eterna, lontana e risplendente nella luce della sera e pensa a due antichi detti che ha sentito tanto tempo fa.

Uno è :Molta lotta deve essere combattuta – Molta sofferenza deve essere sofferta- Molte preghiere devono essere pregate- E allora la fine sarà pace.

L’altro dice: L’acqua arriva alle labbra – ma non arriva più in alto.

Ed egli dice Sarò sempre più stanco ma anche sempre più vicino a te. L’uomo non deve lottare sulla terra? Me c’è una consolazione da Dio in questa vita. Un Angelo di Dio che conforta l’uomo- che è l’Angelo della Carità.

Non dimentichiamolo.

E quando ognuno di noi torna alle cose quotidiane e ai doveri quotidiani non dimentichiamo mai che le cose non sono quelle che sembrano, che Dio ci insegna cose più alte attraverso le cose della vita quotidiana, che la nostra vita è un cammino di un pellegrino, e che noi siamo stranieri sulla terra, ma che noi abbiamo un Dio e un padre che proteggi gli stranieri, – e che siamo tutti fratelli.

Amen